Keeping Time, online

pubblicato da Ceretto in collaborazione con Mahler & LeWitt Studios, a cura di Guy Robertson e Tony Tremlett

Attraverso i suoni e i ritmi della musica, i vinili di Keeping Time celebrano i 20 anni della Capella del Barolo, una piccola chiesa nella campagna delle Langhe in Piemonte dipinta da Sol LeWitt e David Tremlett.

Per ulteriori informazioni sulla cappella visitare il sito www.ceretto.com. Scorrere verso il basso per un’introduzione ai vinili da parte dei curatori del progetto. Per ulteriori informazioni sulla residenza collegata, sul programma della mostra e delle performance: info >>.

Le tre tracce contrassegnate dal simbolo × accanto al titolo non sono incluse nel mix online per motivi di licenza.

Acquista una copia fisica del disco >>
Informazioni dettagliate su ciascuna traccia >>

 

LATI A & B, 1950—2002 esplorano la musicalità nell’opera di LeWitt e Tremlett, approfondendo le loro ampie raccolte musicali e cercando affinità tra la loro arte visiva e il lavoro dei loro contemporanei e degli amici compositori.

A

David Tremlett & Tim Bowman
Prelude
2’15”

Gavin Bryars
Cage du Grand Escalier
8’03”

David Tremlett & Tim Bowman
Still Life
3’32”

Sol LeWitt
Art by Telephone
1’32”

Three older female singers ×
Piedmont: Nen Maria nostra frighietta
2’00”

Chemutoi Ketienya with Kipsigis girls ×
Chemirocha III
1’29”

B

Steve Reich
Clapping Music
3’37”

Philip Glass
Part I: Music in Twelve Parts
16’06”

David Tremlett & Tim Bowman
Pastlude
2’00”

 

LATI C & D, 2012—2019 una giovane generazione di artisti legati al lavoro di LeWitt e Tremlett da reazioni dirette o attraverso esplorazioni in cui si combinano arte visiva e architettura, musica e performance.

C

Adam Gibbons
Intro O
0’49”

Keef Winter
Appropriate Energy
3’38”

Hiba Ismail
SUNKAB 
0’45”

Babatunde Doherty (Baba Ali)
Itinerant’s Creed
4’58”

Lydia Ourahmane
Akfadou
4’11”

Caroline Shaw ×
Limestone & Felt
5’42”

D

Adam Gibbons
Intro O
0’49”

James Cave
The Point on the Arch Mid-Way Between the Two Walls
5’57”

Hiba Ismail

2’16”

Jason Moran
If The Land Could Tell
8’09”

KEEPING TIME

Tony Tremlett e Guy Robertson

Iniziamo con La Cappella del Barolo. Questa si trova fra i filari dei vigneti ricamati sulle dolci colline delle Langhe Piemontesi, nel nord Italia. Nonostante sembri barocca, la Cappella del Barolo fu costruita nella prima parte del XX secolo. Non fu mai consacrata e venne addirittura utilizzata dai contadini come riparo dagli elementi; possiamo dunque immaginare che la musica popolare e le campane del bestiame abbiano raggiunto le orecchie dei passanti più frequentemente dei canti dei vespri. Nel corso del secolo la campagna si spopolò e la cappella fu lasciata in rovina fino a quando non venne restaurata nel 1999 da Bruno Ceretto, un agricoltore e viticoltore che aveva acquisito i vigneti tra i quali sorgeva la cappella. Animato dunque dal desiderio di onorare quel territorio cui la sua attività è talmente legata e riconoscente, Ceretto decise di donare qualcosa di nuovo e culturalmente significativo commissionando un’opera d’arte per la cappella restaurata. Fu attraverso il suo invito che Sol LeWitt e David Tremlett vennero convocati per dipingere la cappella e inaugurare un nuovo capitolo della sua storia.

In contrasto con la tavolozza terrosa del paesaggio, LeWitt dipinse l’esterno della cappella con colori vivaci, usando forme geometriche e curvilinee. Esuberante e gioiosa, è come un faro per le decine di migliaia di visitatori che ogni anno la cercano. Le porte della cappella sono sempre aperte e, una volta all’interno, il visitatore trova uno spazio intimo e riflessivo i cui colori riecheggiano quelli della territorio circostante. Il pavimento in pietra intarsiata, le vetrate colorate e le pareti e i soffitti color pastello sono stati assemblati da Tremlett. Nel corpus delle opere di LeWitt la Cappella del Barolo ha il primato di essere l’unico wall drawing che ricopra un edificio nella sua interezza. Per Tremlett, parimenti, è da evidenziare come quello della cappella sia l’intervento più vicino e caro al pubblico, inserito in un territorio in cui le sue mostre sono state molto numerose e dove egli è un artista molto amato.

Keeping Time celebra la storia unica della Cappella del Barolo vent’anni dopo la sua inaugurazione. L’idea della cappella come luogo destinato ad ospitare raduni, musica e preghiera, ci ha portato ad approfondire il legame con la musica di LeWitt e Tremlett e il rapporto tra essa e le loro pratiche di artisti visivi. La raccolta di brani contenuti nel primo vinile osserva il loro lavoro in termini di musicalità e, approfondendo le loro ampie raccolte musicali, mette in luce le affinità con il lavoro dei loro amici e contemporanei. Il secondo vinile fornisce invece un punto di accesso a LeWitt e Tremlett per una generazione di artisti più giovani fornendo, al contempo, una piattaforma per il loro lavoro. Alcuni di questi artisti hanno partecipato ad un programma di residenza correlato presso i Mahler & LeWitt Studios di Spoleto; città umbra dove LeWitt visse durante gli anni ’80 e che Tremlett visitò; città dove entrambi lavorarono su invito della loro gallerista italiana Marilena Bonomo. Lo studio di LeWitt e quello della scultrice Anna Mahler, così come l’Eremo e la Torre Bonomo, sono oggi utilizzati da una crescente comunità di artisti, compositori, coreografi e scrittori per ricerche e residenze. Alcuni degli artisti con cui abbiamo scelto di collaborare a questo progetto hanno risposto direttamente alla cappella o al contesto musicale di LeWitt e Tremlett. Altri vi si sono relazionati più liberamente attraverso le loro combinazioni esplorative di arte visiva, architettura, musica e performance.

Negli anni ’70, Tremlett realizzò una serie di opere sonore. Il suo amico Gavin Bryars lo introdusse alla registrazione su nastro nel 1970 per poi in seguito collaborare con il neozelandese Tim Bowman nel trasformare alcuni dei suoi loop in un album intitolato Hands up – Too Bad (2002). Entrambi i compositori sono presenti nel disco. Tremlett è un avido ascoltatore di musica e un certo numero di sue opere a pastello, come Drawings and Other Rubbish (1970) e Music to My (1978), fanno riferimento a canzoni o a specifiche opere sonore. In alcune opere iniziali a carattere testuale ha lavorato direttamente su fogli da spartito. The Spring Recordings (1972) documenta i suoi viaggi in tutte le ottantuno contee di Inghilterra, Scozia e Galles. In ognuna di queste ha effettuato una registrazione della durata di circa quindici minuti. Con l’eccezione della Greater London, ogni registrazione è stata realizzata in placidi luoghi rurali e consiste di tutto ciò che si poteva ascoltare in quel dato momento (nella maggior parte dei casi il suono del vento e la voce degli uccelli). Tremlett ha affermato che “il tuo campo, o la tua collina, o il tuo paesaggio sono il tuo studio”. Il suo lavoro presenta il suono come un intervento seriale e scultoreo attraverso la mappatura sonora e geografica del paesaggio nazionale. La sua presentazione No Title (1982) utilizza oltre trenta basi musicali e mostra l’ampiezza delle sue influenze musicali: jazz, nenie, country, blues, folk a cappella, rock e canzoni percussive africane come Chemirocha III (1954) di Chemutoi Ketienya insieme alle giovani donne Kipsigis, brano che abbiamo scelto per il vinile. La musica e i suoi schemi sono sempre vicini al lavoro di Tremlett, espresso come feedback perpetuo tra le potenzialità poetiche del paesaggio e la struttura dell’architettura.

LeWitt ha descritto l’ascolto della musica come l’esperienza della “forma nel tempo”. Come Tremlett, ascoltava musica nel suo studio mentre lavorava. Aveva copiato la sua collezione di vinili su cassetta in modo da non dover girare i dischi con le mani sporche. La sua vasta collezione di cassette, prevalentemente di repertorio classico, riempie un’intera stanza della sua casa in Connecticut ed è metodicamente catalogata in un registro compilato a mano. Ha parlato spesso dell’influenza della musica sulla sua arte seriale e ascoltava attentamente registrazioni diverse della stessa composizione; il suo registro contiene sedici pagine dedicate soltanto a Bach. In riferimento a uno dei suoi primi disegni murali, Wall Drawing # 26 (1969), del quale abbiamo installato una versione nella mostra Keeping Time, LeWitt, descrivendo il rapporto tra le istruzioni da lui impartite e i disegnatori che le eseguono, disse con la caratteristica generosità, “Ci penso più come un compositore che scrive note che poi un pianista suonerà e, in quel tipo di situazione, c’è ampio spazio per entrambi per poter inscrivere una propria interpretazione personale.” LeWitt fu amico di Steve Reich e Philip Glass e li sostenne acquistando i loro spartiti manoscritti prima che questi avessero raggiunto il proprio riconoscimento. Una di queste acquisizioni da parte di LeWitt permise a Reich di acquistare la batteria per Drumming (1970-71). LeWitt e Glass hanno lavorato insieme su Dance (1979), con Lucinda Childs. Sia Reich che Glass sono inclusi nel nostro primo vinile e le affinità tra il loro lavoro – con particolare riguardo verso la ripetizione e la variazione all’interno di un sistema autoimposto – e quello di LeWitt e Tremlett sono evidenti.

Con la cappella a fare da fulcro, diverse tracce esprimono la relazione intrinseca e dinamica che esiste tra suono e architettura. Cage du Grand Escalier (1993) di Gavin Bryars esplora l’acustica della vasta scala a chiocciola nello Château d’Oiron in Francia: per la registrazione, posizionò i suoi musicisti ad intervalli lungo la scala dall’alto verso il basso. Riteniamo che i materiali a cui Caroline Shaw fa riferimento in Limestone & Felt (2012) riflettano perfettamente le superfici della Cappella del Barolo: se le variazioni di LeWitt attraverso colori decisi e audaci contrastano con il paesaggio e annunciano con orgoglio la cappella come superficie architettonica, quelle di Tremlett all’interno sono di natura più tenue e, in alcuni punti, il lavoro a pastello è come se portasse il paesaggio fino al suo interno, dissolvendo l’architettura.

Tutte le rimanenti tracce sono state appositamente commissionate per Keeping Time. The Point on the Arch Mid-Way Between Two Walls (2019) di James Cave insiste sul tema architettonico e mette in dialogo la Cappella del Barolo con la Torre Bonomo e le sue opere a Spoleto, dove Cave ha trascorso un periodo come compositore nella residenza del 2016. Appropriate Energy (2019) di Keef Winter ridispiega alcuni dei nastri dei loop di Tremlett, manipolandoli per trovare un ritmo del ventunesimo secolo. Attraverso Tremlett, LeWitt e Laurie Anderson, il pezzo concettuale di Adam Gibbons Intro O (2019) esamina la natura della ciclicità e si interroga sulla capacità comunicative di arte e linguaggio. Dalla sua casa di Harlem a New York, Jason Moran immagina una conversazione con il paesaggio delle Langhe sorseggiando il vino ottenuto dalle sue uve (If The Land Could Tell, 2019).

La traccia di Moran delinea un terreno per la musica che è intrinsecamente trasgressivo: per sua natura, il suono non è vincolato dai confini, è dinamico, relazionale e sociale. Seguendo questa corrente di pensiero, le tracce di Hiba Ismail SUNKAB page4image1598240.png esaminano l’acustica e l’architettura degli spazi pubblici in Sudan. Trova una sorta di resistenza auditiva nei suoni coesivi e ritmici prodotti dai manifestanti di strada e nel suono più domestico di un pestello e di un mortaio che macinano i chicchi di caffè. Allo stesso modo, Akfadou (2019) di Lydia Ourahmane raccoglie annotazioni audio della propria vita quotidiana, le quali pongono domande sul nostro senso di appartenenza in una geografia globale contrassegnata dalla restrizione del movimento. Babatunde Doherty’s Itinerant’s Creed (2019) rielabora i nastri di Tremlett immaginando le difficoltà dei profughi in mare.

Rispetto al suo incerto cominciamento, la Cappella del Barolo ha sicuramente trovato una nuova prospettiva di vita come opera d’arte site-specific: oggi le sue pareti accolgono tutti i credo e tutti i popoli, rispondendo alla joie de vivre di un gruppo di vacanzieri e, con la stessa prontezza, all’umore riflessivo di un pellegrino solitario. È un luogo generativo. Nel compilare questi dischi, abbiamo cercato di seguire l’esempio dell’invito aperto da Bruno Ceretto a LeWitt e Tremlett nel 1999. A un gruppo di giovani artisti, legati attraverso il proprio lavoro a LeWitt, Tremlett e ai loro contemporanei, abbiamo offerto un nuovo spazio (i minuti del vinile) e un contesto (la cappella) con cui lavorare. Le loro più disparate risposte hanno dato forma a una raccolta piena di nuovi dialoghi e collegamenti inaspettati tra discipline, generazioni e aree geografiche. Buon ascolto.